Una
combinazione di queste tre pressioni ha portato a importanti cambiamenti in
tutti e quattro i mari europei: il Mar Baltico, l’Oceano Atlantico
nord-orientale, il Mar Mediterraneo e il Mar Nero. Spesso, le acque limpide e
la loro varietà di pesci e di fauna sono state sostituite da alghe, fioriture
di fitoplancton e piccoli pesci che se ne nutrono. Questa perdita di
biodiversità colpisce l’intero ecosistema marino e ne pregiudica i relativi
benefici.
Le specie
esotiche invasive, che si spostano verso i mari europei a causa dei cambiamenti
climatici e dell’espansione delle rotte di trasporto marittimo, rappresentano
un’altra grave minaccia per la biodiversità marina. In assenza dei loro
predatori naturali, le popolazioni di specie esotiche sono in grado di
espandersi rapidamente a scapito delle specie locali e possono causare danni
irreversibili.
Come nel caso della medusa a pettine, introdotta nel Mar Nero tramite l’acqua di zavorra delle navi, le specie esotiche invasive possono addirittura causare il collasso di alcune popolazioni ittiche e delle attività economiche dipendenti da tali stock.
Medusa a pettine (Specie aliena) |
Come nel caso della medusa a pettine, introdotta nel Mar Nero tramite l’acqua di zavorra delle navi, le specie esotiche invasive possono addirittura causare il collasso di alcune popolazioni ittiche e delle attività economiche dipendenti da tali stock.
Nonostante
queste ardue sfide, tuttavia, gli ecosistemi marini hanno finora dimostrato una
grande resilienza. Solo alcune delle specie marine europee si sono estinte e,
ad esempio, l’eccessivo sfruttamento degli stock valutati nell’Oceano Atlantico
nord-orientale è diminuito sostanzialmente dal 94 % nel 2007 al 41 % nel 2014.
In alcune aree, determinate specie, come il tonno rosso, mostrano segni di
ripresa e alcuni ecosistemi stanno iniziando a ristabilirsi dalle conseguenze
dell’eutrofizzazione.
Analogamente, negli ultimi anni una percentuale crescente dei
mari europei è stata designata come area marina protetta: alla fine del 2016,
infatti, gli Stati membri dell’UE avevano dichiarato il 10,8 % delle
proprie aree marine come facenti parte di una rete di aree marine protette,
confermando così che l’UE ha già raggiunto il traguardo di una copertura del 10
% entro il 2020 concordato nell’ambito della Convenzione sulla diversità
biologica nel 2010.
Nonostante
tali miglioramenti, il rapporto dell’AEA sullo stato dei mari dell’Europa
constata che gli ecosistemi marini europei mantengono un certo grado di
resilienza e che il ripristino di una vita marina sana è ancora possibile con
gli interventi giusti. Ciò, tuttavia, richiederà decenni e potrà avvenire solo
se le pressioni che attualmente minacciano le specie animali e vegetali del
mare verranno considerevolmente ridotte.
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