NEL CHIANTI E' TEMPO DI FIORITURA DEGLI IRIS
a cura di Leonardo Manetti
Lo spettacolo richiama alla mente la ragione per la quale viene accostato questo nome latino alla pianta, infatti il nome Iris è stato dato in onore della dea Iride, la personificazione dell'arcobaleno.
Il genere IRIS raccoglie circa duecento specie di piante della famiglia delle iridacee, il
cui fiore è comunemente conosciuto anche con il nome di GIAGGIOLO.
Gli Iris più diffusi nelle pendici del chianti sono: IRIS PALLIDA con il fiore di colore
azzurro pallido e detto comunemente giaggiolo odoroso; IRIS FLORENTINA, di colore bianco e
detto giaggiolo bianco; IRIS GERMANICA, di color viola paonazzo detto giaggiolo viola.
Il nome giaggiolo è stato scelto dai fiorentini perché i colori dei fiori
dell'iris florentina ricordano dei “ghiaccioli” o “diaccioli”. L'Iris
Florentina è il simbolo di Firenze e di numerosi altri comuni della Toscana
(come Castelfiorentino, Cavriglia, Certaldo e Montespertoli). Spesso
erroneamente si pensa che il simbolo sia un giglio e non il fiore stilizzato
dell'iris.
Fin dall'antichità come testimoniano anche le scritture è sempre stata
fatta confusione tra gli iris e i gigli, una inesattezza botanica. I gigli e
gli iris sono dello stesso ordine Liliales ma appartengono a due famiglie
diverse: alle Liliaceae i gigli; alle Iridaceae gli iris.
L'Iris Pallida è l'unica specie che si coltiva, conosciuta per le
molteplici proprietà dei suoi bulbi (rizomi) essiccati, sono radici che funzionano come riserva di nutrimento per le piante.
In una economia rurale tanto avara di compensi, la lavorazione del
giaggiolo un tempo era un modesto salvadanaio e serviva principalmente per mettere da parte qualche soldo
per il corredo delle figlie, oggi vista la situazione economica questa coltura
si sta riscoprendo.
In Toscana la coltura del giaggiolo è confinata nelle due aree geografiche
di Firenze e Arezzo (Greve in Chianti, Lamole, San Polo, Piandiscò,
Castelfranco, Loro Ciuffenna).
Gli impieghi più importanti di questo meraviglioso fiore sono in medicina
per preparazioni di vario tipo contro la tosse, il morso della vipera e contro
la depressione, ma l'impiego più diffuso è in profumeria e nella cosmesi dove è
usato per la preparazione di saponi, ciprie e profumi. Dal rizoma per
distillazione si estrae un'essenza dolce molto pregiata, dalle note delicate e
persistenti, simili alla violetta.
Al terzo anno di vita della barbatella nella piantagione si procede alla
lavorazione del rizoma del giaggiolo, solitamente nei mesi di luglio e agosto.
Il giaggiolo esige tre anni di vegetazione per dare il maggiore e migliore
prodotto. L'estirpazione dei rizomi solitamente si fa a mano con la zappa o il
bidente (o “ubbidiente”, una specie di zappa a forma di forca) per le difficili
situazioni del terreno dove le giaggiolaie sono situate, solitamente nelle
prode dei campi terrazzati o nelle piagge (terreni aridi che si prestano male
ad altri sfruttamenti). Si sollevano i rizomi senza romperli e afferrando le
foglie si scuote la pianta contro il manico del bidente per staccare la terra
dalle radici. Le piante intere appena raccolte vengono sottoposte alla
“sbarbatellatura”, cioè alla separazione delle barbatelle che serviranno per la
piantagione in genere effettuata nel mese di settembre. Le barbatelle sono
apici dei rizomi provvisti di qualche foglia. I rizomi senza le barbatelle sono
sottoposti alla “sbarbucciatura”, asportazione delle radici con un piccolo
coltello. I rizomi sbarbucciati vengono lavati con l'acqua e poi possono essere
affettati o mondati.
L'affettatura con affettatrice elettrica o con una coltella speciale,
avviene tagliando il rizoma nel senso della lunghezza che accelera il processo
successivo di essiccazione. La mondatura consiste invece nell'eliminare le
bucce con appositi roncolini per fare il giaggiolo bianco, che poi viene messo
ad essiccare intero. L'essiccazione dei giaggioli, sia mondati che solo
affettati, viene fatta su stuoie al sole.
E' importante mantenere la coltivazione del giaggiolo per ragioni
paesaggistiche, storiche e folkoristiche, nonostante questo, esistono numerose
difficoltà, dovute alle punte elevate di mano d'opera richiesta per questo
tipo di coltura in alcune stagioni, ed il modesto reddito che ne deriva.
Ma ci sono aziende costituite da giovani che per motivi passionali, credono
nella coltivazione di questo importante prodotto storico, ne è un esempio l'azienda
agricola di Manetti Leonardo situata a Greve in
Chianti.
La sua famiglia vanta una tradizione importante nella salvaguardia di
questa coltura ed oggi, questo giovane imprenditore agricolo sta cercando di
continuare questa missione, studiando nuove forme per facilitare la produzione
del giaggiolo.
Manetti è un consigliere e socio della Cooperativa Associazione Toscana Giaggiolo alla quale conferisce il
prodotto essiccato, affettato o mondato bianco, successivamente è la stessa
cooperativa che pensa alla distribuzione.
Nel corso della storia, come per l'arte e la coltura anche per Manetti, imprenditore
agricolo per lavoro ma poeta per passione, i giaggioli sono
fonte di ispirazione per comporre versi poetici come in questa semplice
poesia:
Iris pallida
Il colore è violetta
come il suo profumo,
in gergo è giaggiolo.
Sonnecchia nell'inverno
fiori a maggio
rizomi a luglio.
E' una cartolina in
fioritura,
al suo levar
è fatica con la zappa.
Sulle stuoie sta ad
asciugare,
bianco se mondato
nero se affettato.
Commenti
Posta un commento